Terre e rocce da scavo nuova normativa!!!
IL 22 AGOSTO 2017, È ENTRATA IN VIGORE LA NUOVA REGOLAMENTAZIONE SULLE TERRE E ROCCE DA SCAVO (Decreto del Presidente della Repubblica 120/2017). Il nuovo testo amplia e migliora quanto previsto dal Decreto Legislativo 161/2012.
La normativa descrive in maniera approfondita quali siano le modalità esecutive per caratterizzare il sito oggetto di scavo, e verificare se il terreno possieda i requisiti di qualità ambientale imposti.
All’interno del nostro sito abbiamo inaugurato una nuova sezione chiamata “Terre e rocce da scavo”, dove potrete trovare informazioni e dettagli riguardo al Decreto Legge.
1. TERRE E ROCCE DA SCAVO: COSA SONO
Le terre e rocce da scavosono costituite da quel materiale che è asportato dal terreno in occasione di escavazioni o lavori sotterranei, ad esempio: scavi per fondazioni di edifici, gallerie, reti viarie. Tale materiale può rappresentare un sottoprodotto dell’ attività produttiva, oppure un rifiuto.
Le terre e rocce da scavo sono considerate sottoprodotto quando:
- Sono generate durante la realizzazione di un’opera;
- È certo che la materia è riutilizzata nell’ambito dello stesso o in un altro processo produttivo;
- Il materiale può essere utilizzato senza dover esser trattato;
- Il materiale rispetta i requisiti di qualità ambientale.
Sono considerate rifiuto quando:
- Non possono essere riutilizzate all’interno del sito o in altri siti produttivi;
- Devono subire processi di trattamento per essere riutilizzate;
- Non rispettano i criteri di qualità ambientale.
I sottoprodotti possono essere utilizzati per: rinterri, costruzione di rilevati, riempimenti, miglioramento delle qualità ambientali di un sito. Possono anche essere utilizzati come materia prima all’interno di cicli produttivi purché il prodotto finale sia marcatamente differente dal sottoprodotto.
2. QUALI SONO LE NOVITÀ RISPETTO ALLA PRECEDENTE NORMATIVA
Di seguito, in elenco, sono riportate le novità rispetto alla precedente normativa.
Il D.P.R. definisce i cantieri di “grandi dimensioni”, come quei cantieri dove il volume di materiale asportato secondo le sezioni di progetto è superiore ai 6.000 m3, e l’opera è soggetta a VIA e/o AIA. Per tali cantieri:
- Non è più prevista un’autorizzazione esplicita per approvare il “Piano di Utilizzo”, ed è compresa una “Dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà” nella quale si attestano i requisiti richiesti dalla normativa;
- L’autorità competente, nel provvedimento conclusivo della VIA, può stabilire delle prescrizioni;
- L’autorità competente, in caso di mancato raggiungimento dei requisiti, può disporre il divieto di utilizzo.
È previsto che le Arpa competenti svolgano dei controlli in base ad un’apposita programmazione annuale, con metodo a campione o in particolari situazioni.
Il proponente, in fase di predisposizione del P.U., può chiedere all’Arpa di eseguire verifiche istruttorie tecniche e amministrative finalizzate alla validazione preliminare del piano di utilizzo; in tal caso, i tempi di attesa per l’avvio dei lavori si riducono a 45 giorni (invece di 90).
Il proponente, dopo la trasmissione del P.U., può chiedere all’Arpa lo svolgimento dei controlli in via preventiva.
Gli oneri economici di tutti i controlli sopra citati svolti dalle Arpa sono a carico del proponente.
In presenza di fondo naturale con valori superiori rispetto a quelli elencati nell’Allegato 5 al Titolo V della 152/06, il proponente segnala il superamento ai sensi dell’art. 242 del d. lgs. 152/2006 e deve presentare all’Arpa un piano di indagine, eseguito a carico del proponente in contradditorio con Arpa. Sulla base dei risultati l’Arpa definisce i valori di fondo naturale che il proponente deve utilizzare per la predisposizione del P.U.; il riutilizzo è limitato al sito stesso di produzione o ad un sito con analoghi valori di fondo.
In caso di terre e rocce prodotte in un sito oggetto di bonifica, i requisiti di qualità ambientale, riferiti sia al sito di produzione sia al sito di destinazione, sono validati dall’Arpa entro sessanta giorni dalla richiesta e con costi a carico del proponente.
Le modalità di aggiornamento del P.U. e di eventuale proroga sono descritte negli artt. 15 e 16 del D.P.R. e sono in parte diverse da quelle del D.M. 161/2012.
Il D.P.R. prevede che, in caso d’inadempienza dell’Arpa, le attività prima citate possano essere svolte in modo equipollente anche da altri organi o enti pubblici individuati dal Ministero, sempre con costi a carico del proponente.
In tema di materiali di riporto il D.P.R. prevede che la componente di materiali di origine antropica frammista ai materiali di origine naturale non possa superare il 20% in peso e riporta in Allegato 10 una metodologia per la determinazione di tale percentuale.
Prevede inoltre che le matrici materiali di riporto siano sottoposte al test di cessione previsto in Allegato 3 al D.M. 05/02/1998 sul recupero di rifiuti, escluso il parametro amianto, e che per i parametri pertinenti sia rispettato il limite previsto per le acque sotterranee (Tabella 2, Allegato 5 del Titolo V della parte IV del d. lgs. 152/06), fatti salvi valori di fondo approvati dagli enti di controllo.
In merito all’amianto, si applica la Tabella 1 della normativa bonifiche, e quindi il limite rimane fissato a 1.000 mg/kg per tutte le destinazioni d’uso. All’art. 24, comma 2, prevede però che, in caso di amianto naturale in misura superiore al limite, le terre e rocce possano essere riutilizzate sul sito di produzione previo progetto di riutilizzo approvato da Arpa e ASL competenti.
In merito al trasporto, il D.P.R. fornisce in Allegato 7 un modello che deve essere compilato in triplice copia per tutte le operazioni di trasporto, il quale equivale alla copia del contratto in forma scritta. La documentazione sui trasporti deve essere conservata per 3 anni. La norma vale per tutte le tipologie di cantieri.
Anche per la Dichiarazione di Avvenuto Utilizzo (D.A.U.) il D.P.R. fornisce un modello in Allegato 8, da utilizzare per tutti i cantieri. Tale dichiarazione va inviata ai Comuni sede di produzione e di destinazione e all’Arpa competente e deve essere resa entro i termini di validità del P.U. o della dichiarazione di cui all’art. 21, pena la perdita della qualifica di sottoprodotto.
3. MODALITÀ ESECUTIVE PER LA CARATTERIZZAZIONE DELLE TERRE
La caratterizzazione delle terre e rocce da scavo avviene attraverso un’accurata campagna d’indagini prima dell’inizio dei lavori di escavazione. I campionamenti sono da effettuarsi mediante l’utilizzo di sondaggi o di scavi. Il numero minimo di sondaggi da eseguire all’interno di un’area dipende dalla tipologia e dall’area occupata dal cantiere. In particolare il D.P.R. descrive:
- Cantiere di grandi dimensioni, sottoposti a VIA o AIA, con un volume di materiale escavato superiore ai 6.000 m3;
- Cantieri di grandi dimensioni non sottoposti a VIA o AIA;
- Cantieri di piccole dimensioni, nei quali il materiale asportato è inferiore a 6.000 m3.
Il decreto descrive dettagliatamente la modalità esecutiva per la caratterizzazione dei grandi cantieri sottoposti a VIA o AIA, mentre non specifica come procedere nelle altre tipologie di cantiere. In questi cantieri le singole ARPA possono descrivere delle modalità operative, le quali sono valide all’interno del territorio regionale. In altri casi, in assenza d’iter stabiliti, è bene seguire le disposizioni descritte nel decreto per i grandi cantieri sottoposti a VIA o AIA.
Nei cantieri di grandi dimensioni sottoposti a VIA o AIA, il numero di sondaggi/scavi da fare sono 3, i quali vanno ad aumentare all’aumento dell’area oggetto dello scavo (vedi tabella presente all’Allegato 2 del decreto). Nel caso l’opera presenti un andamento lineare (ad.es.: strade, ferrovie, piste ciclabili,…) i campioni sono da prelevarsi ogni 500 m di tracciato (oppure ogni 2.000 m nel caso di studio preliminare). Per opere in galleria i sondaggi/scavi devono essere eseguiti ogni 1.000 m di tracciato (oppure ogni 5.000 m in caso di studio preliminare)
Per ogni sondaggio o scavo effettuato nel quale si vogliono verificare i requisiti ambientali, si devono prelevare almeno 3 campioni a varie profondità (tra 0 e 1 m, a fondo scavo, e nella zona intermedia tra le due), i quali verranno sottoposti ad analisi chimica per identificare le concentrazioni dei vari componenti racchiusi nel terreno.
L’ARPA Veneto ha descritto per i cantieri di piccole dimensioni e per i cantieri di grandi dimensioni non sottoposti a VIA o AIA, le seguenti modalità operative:
- Opere/interventi da svolgere in aree pubbliche o private interessate dalla presenza di: attività industriali o artigianali (in essere o dismesse), serbatoi o cisterne interrate, sia dismesse sia rimosse che in uso e che contengono o hanno contenuto idrocarburi e/o sostanze etichettate ai sensi della direttiva 67/548/CE e successive modifiche e integrazioni. Eseguire almeno 5 sondaggi, che aumentano con l’aumento dell’area del cantiere.
- Opere/interventi da realizzare in aree pubbliche o private ubicate: entro una fascia di 20 metri dal bordo stradale di strutture viarie di grande traffico, così come individuate all’articolo 2, comma 2, lettere A e B, del d.lgs. 30/4/1992, n. 285 e successive modifiche; in prossimità di insediamenti che possano aver influenzato le caratteristiche del sito stesso mediante ricaduta delle emissioni in atmosfera. Un sondaggio/scavo ogni 3.000 m2 di area alla profondità di 1 m.
- Opere da svolgere nei corsi d’acqua. È necessario prelevare un campione ogni 200 m di tracciato di corso d’acqua. Nel caso in cui il tratto interessato attraversi zone residenziali, i campioni devono essere prelevati ogni 100 m. Nel caso di zone di scarico (industriale, fognario, ecc…) sarà necessario finalizzare caso per caso le indagini. Qualora il tratto interessato dai lavori possieda condizioni ambientali “buone” o “elevate”, il campionamento dovrà interessare solo aree potenzialmente coinvolte dalle fonti di pressione.
- Opere da svolgere in tutte le altre aree. Dovrà essere prelevato almeno un campione ogni 3000 m3 di scavo. Nel cavo di scavi lineari almeno un campione ogni 500 m di tracciato, e comunque un campione ogni 3000 m3 di scavo.
- Miglioramenti fondiari. Deve essere prelevato almeno un campione ogni ettaro di superficie interessata nella porzione di terreno da asportare. Nel caso in cui lo scavo interessi spessori variabili, allora si può estendere il campione fino a 2 ettari di terreno. Deve essere rispettata la regola di un campione ogni 3000 m3 di scavo.
Per ogni tipologia di cantiere, ARPAV descrive gli analiti da analizzare nelle analisi chimiche.
I requisiti di qualità ambientale sono rispettati quando le concentrazioni dei componenti risultano inferiori ai livelli di Concentrazione Soglia Contaminazione (CSC) stabiliti all’interno dell’Allegato 5 al Titolo V del Decreto Legislativo 152/2006. Se i valori sono superiori, sarà necessario iniziare l’iter normativo previsto dalla 152/2006 per i siti potenzialmente contaminati.
Nel caso in cui lo scavo interessi zone immerse nella falda freatica, sarà necessario raccogliere anche un campione delle acque di falda per ogni sondaggio e , se presenti, dei volatili contenuti in essa.
Può far parte delle terre e rocce da scavo anche il materiale di riporto.Tale materiale è costituito da terreno frammisto a materiale di origine antropica utilizzato per interramenti, riempimenti, ecc. Può essere considerato come sottoprodotto qualora la percentuale in peso del materiale antropico risulti non superiore al 20%, e che la composizione chimica rispetti i requisiti di qualità ambientale.
4. AVETE DUBBI? CONTATTATECI!!!
Terre e rocce da scavo sono una materia piuttosto articolata, che necessità particolare attenzione nel suo studio. Qualora vi sorgessero dubbi sugli aspetti della normativa, o necessitiate di consulenza per i vostri cantieri, il nostro team di professionisti sarà lieto di fornirvi tutta l’assistenza tecnica in materia.
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Di seguito alleghiamo il D.P.R., ed un riassunto per punti della normativa.
Schema riassuntivo normativa agosto 2017
Decreto Presidente della Repubblica – terre e rocce da scavo 120/17